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“Una terra di mezzo – per questo il titolo inglese In between è assai appropriato – è quella in cui vivono Laila, Salma e Nour. Sono arabe, lavorano, studiano e amano a Tel Aviv, portano incise sulle loro vite le difficoltà delle origini e quelle di un presente poco chiaro, appannato come il loro futuro. Libere, disobbedienti e innamorate è l’opera prima di Maysaloun Hamud, che vive a Jaffa, ma ha scelto una città cosmopolita e aperta per ambientare questa sua storia molto femminile. Le tre diventano amiche e giocoforza sono costrette a condividere le loro esperienze, professionali e sentimentali, che non lasciano spazio proprio alla libertà, alla autonomia e all’amore del titolo italiano. Leila è una avvocatessa assai emancipata (Mouna Hawa), Salma (Sana Jammelieh) una dj omosessuale e trasgressiva, Nour (Shaden Kamboura) una studentessa che accetta il velo e i codici di un tradizionalismo che stride con tutto ciò che le gira intorno. Condividono un appartamento in cui amanti e pretendenti entrano ed escono, in cui si beve e fuma, e i discorsi sono senza il diaframma delle convenzioni sociali e delle imposizioni politiche. Cercano una stabilità impossibile, che includa anche le loro necessità, quelle dell’anima e del corpo, del cuore e della propria affermazione – leggi indipendenza – trovando però continui ostacoli, se non peggio. Leila si butta nella vita con un entusiasmo eccessivo (fumo, alcol e droga), quasi a rimpiazzare un uomo che ancora non appare, e quando incontrerà Zaid lui la costringerà a confrontarsi con il grimaldello dell’opinione pubblica; Salma si comporta con sicurezza, ma nasconde, invece, una fragilità emotiva e relazionale alla quale può sfuggire proprio rifiutando la sua terra e ribellandosi a una famiglia che la minaccia pesantemente rifiutando di accettarla; Nour si culla nella tradizione, ostenta sicurezza e docilità, ha un fidanzato altrettanto sicuro e tradizionalista, che però espellerà le sue tossine dimostrando di essere un uomo violento e imprevedibile.
Sgorgano lacrime, in queste vite, ma ci sono anche sorrisi e coraggio. E quella importante solidarietà che spesso diventa una diga agli eccessi e un farmaco nelle possibili cadute. La regista giustamente non si sofferma in spiegazioni didascaliche o sottotesti esplicativi: registra soltanto una condizione – quella femminile e araba in un Paese difficilissimo – che si scontra con una spigolosa modernità. Quella cui guardano, spaventate e incerte, ma coraggiose, le tre amiche, nella bella inquadratura finale, avvolte dalla notte.”
Luca Pellegrini
cinematografo.it
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